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01 agosto 2025

Se il Paese di origine è sicuro per il richiedente asilo deve valutarlo di volta in volta il Giudice.

Punto di svolta nel dibattito sull’asilo e la gestione dei flussi migratori in Europa.

La CGUE, nella Grande Sezione delle cause riunite C‑758/24 e C‑759/24, ha statuito che uno Stato membro può designare un paese terzo come “paese di origine sicuro” tramite atto legislativo, purché questa designazione sia soggetta a un controllo giurisdizionale effettivo, in conformità con la direttiva 2013/32/UE e con i diritti sanciti dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali.

I requisiti essenziali definiti dalla Corte

  1. Controllo giudiziale: ogni designazione deve poter essere impugnata davanti a un giudice nazionale che verifichi la rispondenza ai criteri sostanziali dell’allegato I della direttiva.

  2. Trasparenza delle fonti: le informazioni su cui si basa la designazione devono essere accessibili sia al richiedente asilo, sia al giudice, per garantire effettività del diritto di difesa.

  3. Protezione universale: non è possibile considerare un paese “sicuro” se non garantisce protezione a tutta la popolazione, inclusi gruppi vulnerabili o regioni marginali.

Queste condizioni devono valere fino all’entrata in vigore del regolamento UE previsto per giugno 2026, che consentirà eventualmente designazioni con eccezioni per categorie specifiche, purché predefinite. Tuttavia, è previsto che il legislatore Ue possa anticipare questa opzione.

Implicazioni per l’Italia

La sentenza nasce da due ricorsi sollevati dal Tribunale ordinario di Roma, riguardanti due cittadini del Bangladesh soccorsi in mare e trasferiti in un centro di detenzione in Albania secondo il protocollo con Tirana, dove fu applicata una procedura accelerata di frontiera basata sulla designazione del Bangladesh come paese sicuro. I ricorrenti hanno contestato la legittimità di tale designazione e la mancanza di trasparenza sui criteri adottati.

Conseguenze concrete e scenari futuri

  • I centri di detenzione in Albania sono attualmente fermi e vuoti, sospesi dopo la pronuncia della CGUE, con costi sostenuti dall’Italia senza applicazione pratica efficace.

  • Il provvedimento segna un arresto, se non un’inversione, nella politica migratoria italiana basata su designazioni legislative e procedure accelerate.

  • Il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo, attivo da giugno 2026, introdurrà regole più flessibili ma coordinate a livello Ue. Intanto la Corte mette in chiaro che le garanzie giuridiche devono prevalere sulle arbitrariamente stilate liste nazionali.

 Perché questa sentenza è rilevante

  • Ridefinisce il confine tra legislazione nazionale e controllo giudiziario europeo.

  • Ribadisce la centralità dei diritti individuali dei richiedenti asilo, che non possono essere sacrificati su pratiche amministrative semplificate.

  • Impone una maggiore trasparenza e motivazione nei processi di designazione, evitando elenchi opachi o discriminatori.

  • Segna un precedente su cui si innesteranno le nuove norme del Patto europeo, definendo fin da ora un principio di legalità e responsabilità condivisa.

 Conclusione

La sentenza della CGUE del 1° agosto 2025 costituisce un punto di svolta nel dibattito sull’asilo e la gestione dei flussi migratori in Europa. Essa afferma che gli Stati membri possono designare paesi terzi come “sicuri” tramite legge, ma solo se tale designazione è fondata su criteri oggettivi, trasparenti e impugnabili. Ne derivano importanti implicazioni per l’Italia – che, alla luce del provvedimento, dovrà rivedere sia le sue procedure, sia le politiche migratorie basate su restrizioni accelerate più dure – trovandosi al centro di una tensione tra potere legislativo nazionale e controllo giudiziario europeo.

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