Recentemente, alcuni tribunali italiani hanno emesso pronunce significative in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 29 luglio 2024. Questa sentenza ha dichiarato illegittimo e discriminatorio il requisito di dieci anni di residenza, previsto dal Decreto Legge 4/2019, per l'accesso al reddito di cittadinanza. La decisione si applica esclusivamente ai cittadini extra UE con permesso di soggiorno di lungo periodo, mentre per i titolari di protezione internazionale e per i cittadini UE ed italiani sono stati disposti ulteriori rinvii rispettivamente alla CGUE e alla Corte costituzionale italiana.
Nel frattempo, alcuni tribunali italiani, che avevano sospeso i procedimenti in attesa della decisione della CGUE, hanno accolto i ricorsi basandosi sulle motivazioni della Corte di Giustizia. Questi tribunali hanno riconosciuto l'illegittimità del requisito della residenza decennale e hanno ordinato all'INPS di restituire le somme revocate ai beneficiari del reddito di cittadinanza, oltre a pagare la misura residua alla revoca.
Un esempio significativo è il Tribunale di Torino, che il 6 novembre 2024 ha accolto il ricorso di una cittadina italo-brasiliana con due figli minori disabili. L'INPS aveva revocato il suo reddito di cittadinanza e richiesto la restituzione delle prime tre mensilità ricevute. Il giudice ha stabilito che il principio espresso dalla CGUE per i cittadini non UE con permesso di lungo soggiorno dovrebbe applicarsi anche ai cittadini UE ed italiani, per evitare una discriminazione inversa tra cittadini extra UE e UE.
Similmente, il Tribunale di Milano, con una sentenza del 19 settembre 2024, ha ordinato all'INPS di pagare arretrati del reddito di cittadinanza, pari a circa 7.200 euro, a una cittadina rumena residente in Italia da oltre cinque anni. Il giudice milanese ha sottolineato il principio della "residenza di fatto", accettando come prova sufficiente la documentazione lavorativa e sanitaria presentata dalla ricorrente, nonostante fosse stata cancellata dall'anagrafe per irreperibilità nel 2021.
È importante notare che il riferimento a un requisito di residenza quinquennale in entrambe le sentenze deriva dal fatto che la CGUE ha esaminato la questione solo per i lungo-soggiornanti. Tuttavia, i giudici nazionali non possono sostituirsi al legislatore nel determinare un periodo proporzionato diverso.