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30 novembre 2024

Pronunce significative dei tribunali italiani in seguito alla sentenza della CGUE sul reddito di cittadinanza

Analisi delle decisioni dei tribunali italiani in merito al requisito di residenza decennale per l'accesso al reddito di cittadinanza alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 29 luglio 2024.

Recentemente, alcuni tribunali italiani hanno emesso pronunce significative in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 29 luglio 2024. Questa sentenza ha dichiarato illegittimo e discriminatorio il requisito di dieci anni di residenza, previsto dal Decreto Legge 4/2019, per l'accesso al reddito di cittadinanza. La decisione si applica esclusivamente ai cittadini extra UE con permesso di soggiorno di lungo periodo, mentre per i titolari di protezione internazionale e per i cittadini UE ed italiani sono stati disposti ulteriori rinvii rispettivamente alla CGUE e alla Corte costituzionale italiana.

Nel frattempo, alcuni tribunali italiani, che avevano sospeso i procedimenti in attesa della decisione della CGUE, hanno accolto i ricorsi basandosi sulle motivazioni della Corte di Giustizia. Questi tribunali hanno riconosciuto l'illegittimità del requisito della residenza decennale e hanno ordinato all'INPS di restituire le somme revocate ai beneficiari del reddito di cittadinanza, oltre a pagare la misura residua alla revoca.

Un esempio significativo è il Tribunale di Torino, che il 6 novembre 2024 ha accolto il ricorso di una cittadina italo-brasiliana con due figli minori disabili. L'INPS aveva revocato il suo reddito di cittadinanza e richiesto la restituzione delle prime tre mensilità ricevute. Il giudice ha stabilito che il principio espresso dalla CGUE per i cittadini non UE con permesso di lungo soggiorno dovrebbe applicarsi anche ai cittadini UE ed italiani, per evitare una discriminazione inversa tra cittadini extra UE e UE.

Similmente, il Tribunale di Milano, con una sentenza del 19 settembre 2024, ha ordinato all'INPS di pagare arretrati del reddito di cittadinanza, pari a circa 7.200 euro, a una cittadina rumena residente in Italia da oltre cinque anni. Il giudice milanese ha sottolineato il principio della "residenza di fatto", accettando come prova sufficiente la documentazione lavorativa e sanitaria presentata dalla ricorrente, nonostante fosse stata cancellata dall'anagrafe per irreperibilità nel 2021.

È importante notare che il riferimento a un requisito di residenza quinquennale in entrambe le sentenze deriva dal fatto che la CGUE ha esaminato la questione solo per i lungo-soggiornanti. Tuttavia, i giudici nazionali non possono sostituirsi al legislatore nel determinare un periodo proporzionato diverso.

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