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28 settembre 2025

La sentenza n. 96/2025 e le misure restrittive agli stranieri irregolari in Italia

Analisi della recente sentenza della Corte costituzionale sull'incostituzionalità delle misure restrittive applicate agli stranieri irregolari in Italia e le implicazioni sui diritti umani.

La recente sentenza n. 96/2025 della Corte costituzionale ha riacceso il dibattito sulla legittimità delle misure restrittive imposte agli stranieri irregolari in Italia. Questo tema, già affrontato in passato, continua a sollevare interrogativi sulla coerenza tra teoria e pratica giuridica. Al centro della questione vi è la limitazione della libertà personale di chi viene respinto alla frontiera o è in attesa di espulsione, una misura che, secondo la Corte, presenta gravi lacune costituzionali.

La detenzione di migranti irregolari, infatti, si basa non su atti criminali, ma sulla loro condizione di migranti. Questo approccio contrasta con il principio di uguaglianza formale sancito dall'articolo 3 della Costituzione italiana, che vieta trattamenti discriminatori basati su condizioni personali e sociali. La privazione della libertà per motivi di irregolarità migratoria appare quindi in contrasto con i principi costituzionali.

Due elementi funzionali aggravano ulteriormente la situazione. In primo luogo, l'inefficienza dello Stato nel gestire le espulsioni ricade sugli stranieri irregolari, che spesso vengono rilasciati senza che l'espulsione sia stata eseguita. In secondo luogo, la gestione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) è affidata a enti privati, i quali operano con logiche di profitto a discapito della dignità dei detenuti. Le condizioni all'interno di questi centri sono spesso pessime, con problemi igienici e abusi di psicofarmaci.

La Corte costituzionale ha riconosciuto le gravi violazioni del quadro normativo, ma non ha preso misure concrete per sanare la situazione. Ha lasciato al legislatore il compito di intervenire, senza però imporre un termine per l'adozione delle necessarie modifiche legislative. Questa mancanza di azione concreta da parte della Corte potrebbe minare la funzione di garanzia democratica della riserva di legge.

Il dilemma della Corte è evidente: come affrontare l'incostituzionalità derivante da una lacuna normativa? Sebbene la Corte abbia escluso l'applicazione delle norme penitenziarie ai Cpr per evitare confusione tra detenuti per reati e migranti irregolari, la soluzione adottata appare insoddisfacente e irragionevole. La detenzione amministrativa risulta essere più afflittiva rispetto a quella penale, nonostante la prima sia meno giustificata.

I giudici ordinari si trovano ora in una posizione delicata. Devono applicare una legge che sanno essere incostituzionale senza una chiara guida su come procedere. Una possibile soluzione sarebbe quella di applicare analogicamente norme da altre fonti primarie o sollevare nuovamente la questione di incostituzionalità, sospendendo i giudizi e liberando i detenuti dai Cpr.

In conclusione, la sentenza n. 96/2025 evidenzia le sfide complesse che il sistema giuridico italiano deve affrontare nel bilanciare sicurezza e diritti umani. La mancanza di azioni decisive da parte della Corte costituzionale sottolinea l'urgenza di un intervento legislativo che garantisca il rispetto dei diritti fondamentali per tutti, indipendentemente dalla loro condizione migratoria.

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